Jesse Owens e i ‘Trotters, molto più di una partita
Il nuovo appuntamento con la Storia degli Harlme Globetrotters, che il 27 febbraio si esibiranno al PalaFerraris
Il 24 giugno del 1951 a Berlino, il leggendario campione dei pesi medi di pugilato Sugar Ray Robinson fu sfidato dal tedesco Gerhard Hecht in un incontro tesissimo e pieno di episodi controversi: Robinson venne dichiarato inizialmente sconfitto per squalifica per un presunto colpo irregolare dopo aver messo al tappeto l’avversario nel primo e nel secondo round, verdetto che fu poi cambiato in “no contest” in un secondo momento, lasciando il ring tra le ire di un pubblico che era letteralmente furioso con lui, che ebbe bisogno di decine di agenti di scorta per poter rientrare indenne negli spogliatoi.
Cosa c’entra questo con gli Harlem Globetrotters? Un semplice antefatto, ovvero l’ultimo grande evento sportivo che coinvolgeva grandi atleti afro americani in Germania prima del 22 agosto 1951, data che rimarrà storica per gli appassionati del basket.
Quel giorno, infatti, e non senza una serrata trattativa precedente con l’intervento diretto delle alte sfere della politica statunitense, i ‘Trotters giocarono allo Stadio Olimpico di Berlino. Perché proprio quella data è importante? In quei giorni, a Berlino Est, era in corso il “Festival Mondiale della Gioventù”, e non è difficile immaginare che ogni manifestazione di questo genere, da una parte e dall’altra del muro, fosse vista anche come un momento di propaganda.
Berlino Ovest, dunque, aveva bisogno di grandi eventi per bilanciare la spinta culturale che arrivava da Est, per questo invitare gli Harlem Globetrotters in città fu ritenuto un ideale contrappeso per portare un’immagine positiva degli Stati Uniti e del mondo occidentale, con il loro talento, la capacità di intrattenimento e, naturalmente, l’assolutamente non secondario valore sociale di essere rappresentati da ragazzi di colore.
Bisogna sempre ricordarsi, quando si parla anche di sport, del contesto sociale, e quelli erano anni ruggenti da ogni punto di vista, quando il mondo si stava ancora riassestando pochi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
In qualche modo, anche grazie all’intervento della Segreteria di Stato che contatto direttamente Abe Saperstein, si riuscì a inserire la partita dei ‘Trotters per quella data. Il match di Sugar Ray Robinson e le sue conseguenze erano però motivi di reale preoccupazione in tema di ordine pubblico, per questo era previsto un grande dispositivo di sicurezza all’interno e nei pressi dello stadio.
C’era di più: insieme alla squadra, in quegli anni, andava in trasferta anche una “Guest Star”. Nel caso di Berlino, si trattava nientemeno che di Jesse Owens, il velocista dell’Alabama capace di vincere quattro ori olimpici proprio in quello stadio nel 1936, durante i Giochi organizzati nella Germania di Adolf Hitler. Non poteva essere considerato solo un ospite, e non lo fu.
Alla partita si presentarono più di 75.000 persone, un record che rimase tale per decenni per una partita di basket. I ‘Trotters affrontavano i Boston Whirlwinds, formazione che seguiva la squadra di Saperstein in questa trasferta, ma tutta l’attenzione fu, naturalmente per Owens.
All’intervallo della partita, indossando la stessa tenuta di quindici anni prima, Jesse si regalò e regalò a un pubblico letteralmente in festa un ultimo giro d’onore in uno stadio così importante dal punto di vista sportivo e simbolico: Owens, al microfono, ricordò la grande sportività del rivale tedesco ai Giochi, Lutz Long, ed espresse parole di gratitudine nei confronti del pubblico tedesco. Jesse si fece anche male, concludendo il giro con un salto in lungo e provocandosi una distorsione alla caviglia, e fu aiutato a uscire dal campo da Marques Haynes e Sam Wheeler, un altro componente della squadra.
Se nel 1936, da giusto vincitore, non ebbe la stretta di mano del Führer quale massimo rappresentante delle istituzioni, nel 1951 Owens fu travolto dall’amore di quella città. Secondo quanto riportò il Chicago Tribune, l’allora cancelliere tedesco Konrad Adenauer scese dal palco delle autorità e disse a Owens: “Hitler si è rifiutato di stringerle la mano nel 1936. Oggi, io vi offro entrambe le mie”.
“Dopo quelle parole”, ricorda Haynes, “iniziò la più lunga e intensa ovazione a cui io abbia mai assistito. Non credo che ce ne sarà mai un’altra così”.