Fortitudo, la Fede di un popolo unico
Dalla nascita alla promozione in Serie A, gli scudetti e la Finale di Eurolega, le vicissitudini societarie e la rinascita. Con un unico denominatore: l'incrollabile fede della Fossa dei Leoni e di un pubblico senza eguali in Europa
Dopo la sfida del 2016 contro Treviso, quella del 2017 contro la Virtus Bologna, ora davanti alla strada della Junior si para un altro club storico della nostra pallacanestro. Un club che, per chi lo ama e lo segue, non è solamente una squadra, ma qualcosa che va molto oltre: perchè a Bologna tifare Fortitudo è uno stile di vita, e l’Aquila biancoblu rappresenta per il popolo che la ama una vera e propria Fede che in tanti casi scollina anche oltre la religione, e questo senza essere blasfemi.
Il fascino della Fortitudo Bologna, 2 scudetti e 10 finali in 11 anni tra il 1996 e il 2006, anche una Finale di Eurolega raggiunta nel 2004 contro il Maccabi Tel Aviv, non è paragonabile probabilmente a nessun altro in Italia, e forse in Europa, perchè muove passione, tifo e decibel mai visti da queste latitudini. Proprio per questo, in questi giorni di ressa ai botteghini, per due partite che rappresentano per Casale Monferrato una delle più importanti pagine di sport della storia della Città, classificare questa come una semplice Semifinale Playoff è quanto di più lontano da ciò che sarà: è la sfida della Junior a una delle più passionali e uniche società italiane. Di cui ci piace, ora, passare in rassegna alcune pillole di storia.
LA NASCITA – La Fortitudo Pallacanestro Bologna nasce nel 1932 come sezione basket della “Società Ginnastica Fortitudo” (comunemente chiamata “Casa Madre”), nella storica palestra Furla di Via San Felice 103. Tuttora, il 103 è un numero ricorrente nella ragione sociale del Club, a testimoniare il legame indissolubile con il passato. Dei primi anni di vita della Fortitudo vanno ricordati senza dubbio il professor Luigi Pasquinelli e don Lino Sabbioni, che ridettero vita ad una società distrutta sia economicamente che fisicamente dalla Seconda Guerra Mondiale. Nel 1962, al pari del baseball, che porta ancora oggi il nome e l’Aquila Fortitudo, il basket diventa sezione autonoma e, pur restando nella sede della Casa Madre, intraprese un cammino che la portò, grazie a Gianni Paolucci, ad avere il primo sponsor: la Ferm, azienda bolognese di macchine utensili.
LA PRIMA SERIE A – Il primo grande salto della Effe nel grande basket arriva il 12 Agosto 1966, quando il Club acquisì il diritto sportivo della Sant’Agostino, squadra bolognese che sponsorizzata da Alcisa (la mortadella di Bologna) aveva deciso di terminare le proprie attività. Quindi la Fortitudo nella stagione 1966/67 si presentò ai nastri di partenza del suo primo campionato di Serie A, guidata dallo spirito, tra gli altri, di un personaggio storico del mondo cestistico bolognese: Beppe Lamberti.
IL MITO DI SCHULL – La prima Fortitudo in A vide schierare, tra gli altri, Paolino Bergonzoni, Picchio Orlandi e Lino Bruni, giocatori e personaggi tuttora ricordati come pionieri del mondo della Effe. Il primo americano fu Dewey Andrew, bianco di 25 anni per 196 cm e il 1966 è anche l’anno del primo, storico derby con la rivale cittadina, la Virtus Bologna, vinto incredibilmente per 78-63.
E’ nel 1968 che inizia una storia da brividi per il mondo biancoblu: arriva dagli states, infatti, colui che diventerà il mito per eccellenza della storia della Fortitudo, Gary “Baron” Schull. Il “Barone”, la cui maglia numero 13 – ritirata dal Club – campeggia tuttora sulla curva della Fossa dei Leoni (il nucleo storico del tifo bolognese), viene ricordato per le sue doti atletiche e caratteriali, per la durezza e per il suo attaccamento al gioco del basket: di fatto, nacque con lui il celeberrimo Spirito Fortitudo, quello per il quale approccio, atteggiamento e ideali verranno sempre prima delle doti squisitamente tecniche. Icona di una storia è senza dubbio la foto con cui Schull, al termine di un Derby vinto contro la Virtus nel Natale 1969, davanti a oltre 9.000 persone stipate nel Palazzo dello Sport, viene portato in trionfo dai suoi tifosi ancora sanguinante. E’ pochi mesi dopo che nasce, appunto, la Fossa dei Leoni, il nucleo storico che dal 1970 trasmette al mondo del basket e tramanda ai poster la loro incrollabile fede nell’Aquila: a questo link, potete trovare tutto, ma proprio tutto su di loro.
GLI ANNI ’70 E ’80 – A cavallo degli anni ’70 e ’80 la squadra biancoblu è in pianta stabile in Serie A, da dove retrocede in quattro occasioni, riuscendo però nell’immediata risalita l’anno successivo. Nel frattempo sono passati il primo giocatore di colore della storia della Fortitudo, Gill McGregor, il professor Aza Nikolic in panchina, poi John McMillen e il fortissimo oriundo Carlos Raffaelli. E’ in quella stagione, nel ’76-’77, che la Fortitudo tocca il punto più alto arrivando terza in campionato e addirittura nella prima storica finale Europea, in Coppa Korac. Quel giorno – 5 aprile 1977 – si gioca a Genova contro la Jugoplastika Spalato, un mito del basket balcanico, che vince al termine di una partita tra le più contestate di sempre, sia per l’arbitraggio del francese Mainini, che dalle circostanze che, alla vigilia, tolsero dalla gara proprio Carlos Raffaelli, squalificato dalla Fiba per non aver risposto alla chiamata della Nazionale. Gli incidenti al termine di quella partita maledetta porteranno la squalifica della Fortitudo dalle competizioni Europee per diversi anni a seguire.
IL SORPASSO – Nel 1987-88 la Fortitudo targata Yoga è in A2, retrocessa l’anno prima dopo una stagione che, con l’arrivo dell’oriundo George Bucci, sembrava destinata a un campionato di vertice in A. Ma in quella stagione, con coach Mauro Di Vincenzo che sceglie Bologna scendendo dalla Serie A, si compie il clamoroso sorpasso alla Virtus. Perchè l’A2, in quegli anni, promuoveva le migliori ai playoff per lo scudetto e negli ottavi il destino mise di fronte proprio Fortitudo e Virtus: con tutta la pressione sui bianconeri, la Yoga domina Gara 1 in trasferta in una delle più incredibili partite nella storia del derby bolognese, e chiude il conto vincendo 2-0 in Gara 2.
LA SALVEZZA DI REGGIO EMILIA – Il mondo della Fortitudo cambia inesorabilmente pochi anni dopo. La crisi economica della Società, con l’addio di Germano Gambini, viene tamponata dall’estro dell’avvocato Renato Palumbi, ma la qualità in campo, dovuta ai debiti del Club, è decisamente inferiore. La Fortitudo rischia la retrocessione in B per due volte, prima nel 1990-91, quando si salva in extremis vincendo a Cremona, e poi – in circostanze epiche e indimenticabili – nel 1992. Quel giorno, 2 aprile, la Fortitudo Mangiaebevi è impegnata in trasferta a Reggio Emilia ed è sull’orlo della Serie B. Perdere significherebbe non solo retrocedere, ma probabilmente sparire dalla mappa del basket italiano. La squadra non è granchè e in stagione soffre: un americano è fortissimo, Pete Myers, che poi giocherà nei Chicago Bulls di Michael Jordan, l’altro è purtroppo infortunato, Shaun Vandiver. Così, per la partita decisiva, la dirigenza con 15mila dollari fa venire a Bologna, poche ore prima della partita, lo sloveno-bosniaco Teoman Alibegovic, che direttamente dalle minors americane veste la maglia della F e al Palasport di Via Guasco si rivelerà il dominatore della partita con 28 punti. Di lì in avanti, il soprannome di “Teo” non potrà che diventare, nei secoli dei secoli, il “Salvatore”.
L’EPOPEA DELL’EMIRO – Negli anni ’90 entra in società l’industriale bolognese Giorgio Seragnoli, che dà nuova e impensabile linfa economica alla Fortitudo, facendone una dei club più ricchi e competitivi d’Europa. E, soprattutto, dando la prima, vera sfida a colpi di campioni agli arcirivali della Virtus. La Fortitudo sale subito in Serie A e il primo colpo è Vincenzo Esposito, con Sergio Scariolo in campo. Arriveranno poi altri fenomeni, da Sasha Djordjevic a Carlton Myers, e poi Gregor Fucka, David Rivers, Dominique Wilkins, Gianluca Basile, Matjaz Smodis, Marco Belinelli…. Si fatica a nominarli tutti, ma ciò che vale la pena di raccontare è che l’ascesa, passata da una serie infinita di finali scudetto (10 in 11 anni), da cocenti delusioni (il famoso tiro da 4 di Danilovic, che nel 1998 tolse il primo scudetto alla Fortitudo), rappresentò per l’intera città di Bologna il punto più alto della sua storia sportiva. La Fortitudo, in quegli anni, iniziò a contagiare tutti i giovani della Città con la spettacolarità delle sue squadre e con la scelta di andare a giocare nel nuovo Palasport di Casalecchio, capace di ospitare circa 9.000 persone a differenza del continuo sold-out della Virtus (che faticò, in quegli anni, a rinnovare il proprio pubblico). Basket City era al suo massimo. E Bologna, proprio nel 1998, portò due squadre ai Quarti di Finale di Eurolega: vinse la Virtus, in una serie passata alla storia per la famosa maxirissa, con Savic che dopo aver divelto Fucka divenne MVP delle Finali che coronarono la Kinder. L’anno dopo, Kinder e Teamsystem si ritrovarono addirittura in Final Four di Eurolega: in semifinale vinse ancora la Virtus, che poi crollò sotto i colpi dello Zalgiris in finale. Ma nonostante le delusioni, le sconfitte, i grandi investimenti e l’amara autoironia che faceva cantare al popolo Fortitudo “non abbiamo mai vinto un cazzo“, i primi, veri successi – dopo la Coppa Italia vinta nel 1998 – erano davvero dietro l’angolo.
IL PRIMO SCUDETTO – Nella stagione 1999/2000 in panchina arriva Carlo Recalcati e la Fortitudo è pronta a vincere: in campo ci sono nomi del calibro di Carlton Myers, Gregor Fucka e Gianluca Basile. Il centro è Stojko Vrankovic e come elemento di esperienza sul perimetro c’è il lituano Arturas Karnisovas. Dopo aver concluso la Regular Season da assoluta dominatrice (con sole 3 sconfitte all’attivo, vincendo anche i due derby), ai playoff la Fortitudo perde solamente una partita (Gara 1 di Finale Scudetto contro Treviso) e, dopo averlo sfiorato per 4 anni di fila, si laurea finalmente Campione d’Italia per la prima volta nella sua storia.
ANCORA FINALI, MA CON AGONIA – Dopo lo scudetto della stagione 1999/2000, la Fortitudo non riesce a ripetersi, ma raggiungendo comunque 4 finali scudetto in altrettante stagioni (perdendole contro la Virtus Bologna, due volte con Treviso e contro la Mens Sana Siena). Anche in Eurolega la situazione è la stessa: nel 2000/01 viene sconfitta in Semifinale dalle V Nere, con un netto 3-0, e la stagione successiva viene eliminata alle Top 16, non riuscendo a superare il girone di ferro formato da Barcellona, Virtus Bologna e Pesaro. Anche nella stagione 2002/03 la corsa dell’allora Skipper Bologna si ferma alle Top 16, dove giunge seconda nel girone alle spalle della Montepaschi Siena. La stagione 2003/04 inizia invece con le migliori prospettive: in panchina siede Jasmin Repesa (subentrato la stagione precedente a Matteo Boniciolli), in campo ci sono Carlos Delfino, Marco Belinelli e Gianmarco Pozzecco. In campionato i biancoblu arrivano in finale Scudetto (sconfitta 3-0 da Siena), dopo aver concluso la Regular Season al secondo posto proprio alle spalle della Montepaschi Siena. Anche in Eurolega la Fortitudo arriva ad un passo dal sogno: dopo aver concluso al terzo posto il girone di Regular Season, vince il girone delle Top 16 mettendosi alle spalle Efes, Pau e Olimpija Lubiana, qualificandosi alle Final Four di Tel-Aviv. In Semifinale batte l’altra italiana qualificata, la Montepaschi Siena per 103-102 dopo un tempo supplementare, ma viene nettamente sconfitta dai padroni di casa del Maccabi con il punteggio record di 118-74. Ma la Finale di Eurolega, per un gruppo talmente giovane e talentuoso, non può che rimanere una perla clamorosa nella storia biancoblù.
THE SHOT – La stagione seguente si preannuncia simile: la Effe è prima in Regular Season nel suo girone, ma viene eliminata alle Top 16 (2-4 il record). In Serie A, invece, chiude al secondo posto la Regular Season con un record di 25 vinte e 9 perse e giunge in finale Scudetto dopo aver eliminato Roseto (3-0) e la Virtus Roma (3-1). Ad attenderla nell’ultimo atto c’è l’Olimpia Milano di Sasha Djordjevic in campo e Lino Lardo in panchina. Dopo aver vinto Gara-1 per 77-70 (Douglas 21), la Fortitudo venne sconfitta al Forum in Gara-2 per 73-66 (Blair 16). La serie quindi, dopo due partite, era in perfetta parità: al PalaDozza, in Gara-3 fu Gianluca Basile il protagonista con 17 punti, che permisero ai biancoblu di vincere per 80-71. In Gara-4 la Fortitudo ha il primo match-point Scudetto: una partita palpitante con il risultato in bilico fino ad oltre lo scadere. Sul 65-64 per l’Olimpia, a pochi secondi dallo scadere, Ruben Douglas si prende la tripla che potrebbe valere lo scudetto per la Fortitudo: il tiro entra, ma l’arbitro decide di andare a vedere l’Instant Replay (che venne introdotto proprio in quei playoff) che convalida il canestro. La Fortitudo è quindi Campione d’Italia per la seconda volta.
IL DECLINO E LA RETROCESSIONE – Dopo lo Scudetto del 2004/05, la Fortitudo ebbe la forza di arrivare ad un’altra finale, sconfitta però 3-1 dalla Benetton Treviso di uno spaziale Andrea Bargnani. Fu l’ultima stagione da presidente di Giorgio Seragnoli, che al termine della stagione lascia a Michele Martinelli. Inizia qui un lento declino societario e dirigenziale, con la Società che viene passata di mano, dopo pochi mesi, da Martinelli al costruttore Gilberto Sacrati. La stagione 2006/07 inizia con Fabrizio Frates in panchina e Marco Belinelli in campo, ma l’andamento è al di sotto delle aspettative e la Effe, che cambia Frates con Ataman, fallisce non solo la qualificazione alle Top 16 di Eurolega (prima volta dopo 10 anni), ma anche ai Playoff. Anche nella stagione successiva, con Andrea Mazzon in panchina, le cose non decollano: solo l’arrivo di Dragan Sakota in panchina consente alla Fortitudo di entrare nei Playoff, ma da ottava perderà nettamente 3-0 con i pluricampioni della Montepaschi Siena. Il 2008/09 si apre sempre con Sakota in panchina e con Joseph Forte, Qyntel Woods e Stefano Mancinelli in campo. Stagione travagliata, con Forte tagliato dopo tre partite e Sakota sostituito da Cesare Pancotto. Alle spalle, una serie di problemi societari, principalmente economici, che zavorrano la Fortitudo e la spediscono nella lotta per non retrocedere: lotta persa, nell’ultima giornata, con una sconfitta a Teramo. Si apre così il baratro della Legadue: ma il calvario è molto peggiore.
LA RADIAZIONE E LA RINASCITA – Dopo che il Consiglio Federale rigetta l’istanza di iscrizione al campionato di Legadue, la Fortitudo riparte dalla Serie A Dilettanti. Il coach è Alex Finelli e la squadra vince il campionato con il famoso canestro di Matteo Malaventura in trasferta a Forlì, in Gara 5 di Finale. Tuttavia dopo un mese la ComTec decretò che la Effe non disponeva dei requisiti per partecipare ai campionati professionisti. La FIP quindi, il 14 Luglio 2012, decretò la radiazione e le revocò il codice di affiliazione.
La Fortitudo – grazie all’incredibile lavoro da “collante” della Fossa dei Leoni – rinasce nel corso della stagione 2013/14, quando, dopo tre anni di assenza, disputa un campionato nazionale, la DNB (3.015 abbonati e 4.000 spettatori di media). E’ Marco Calamai – individuato come “garante” dell’operazione – a portare a termine una serie di consultazioni con tutti i soggetti interessati al ritorno in campo della Fortitudo, dopo tre anni di purgatorio: tifosi, Comune di Bologna e casa madre SG, che dà un appoggio indispensabile al fatto fondamentale che la nuova entità (essendo fallita la precedente, legata al codice di affiliazione 103) possa scendere in campo con il nome Fortitudo. L’epilogo è sfortunato, con una sconfitta 2-0 con Cento al primo turno dei Playoff, ma l’importante è aver riunito tutte le forze, e tutto il pubblico, sotto la stessa casa.
L’ERA RECENTE – La svolta recente arriva nel febbraio 2015. La Fortitudo, in Serie B ingaggia come allenatore Matteo Boniciolli, già in Fortitudo a inizio anni 2000, al posto di Claudio Vandoni: la classifica vede la Effe al terzo posto, che le permette di qualificarsi ai playoff e, dopo 9 vittorie consecutive, a conquistare la promozione in Serie A2 nella Final Four di Forlì. Ecco che la Fortitudo torna alla ribalta nel secondo campionato nazionale: un Paladozza sempre pieno, il record di abbonati, una Fossa dei Leoni presente su tutta la penisola e un amore che rifiorisce definitivamente contribuiscono a una crescita tecnica che culmina nella Finale per la Promozione in Serie A del 2015/16 (vinta da Brescia 3-2) e in due semifinali di fila. Con un obiettivo dichiarato: tornare in Serie A per sfidare la Virtus.
Oggi, sulla strada della Effe, di questo popolo unico e spettacolare, che non attende altro che il ritorno nell’Olimpo del basket, c’è la nostra Junior Casale. Basterebbe questo per sentirsi orgogliosi. E, in campo, ancor più determinati.