Dazi e gabelli
Le riflessioni di Marco Crespi sull'Europeo di Spagna
Europei di Spagna. Un risultato non felice per la nostra Nazionale. E ormai non è più argomento di attualità. Ma nel post-Madrid si sono lette tante parole. Riflessioni e considerazioni. Da ogni parte, in più di un’occasione, slogan più che analisi. In punta di piedi mi permetto di partecipare con qualche riga.
A. Ha vinto la Russia. Con un allenatore bravo e un preparatore fisico altrettanto bravo. Motori di un programma che aveva come primo obiettivo quello di cambiare una (non) mentalità di lavoro. In Russia, non facile e ci sono riusciti.
B. A capo. E’ proprio il caso. In Russia, nel campionato nazionale (e vale bene ricordare che la Superleague è il campionato che ha gli stipendi più alti d’Europa) devono essere sempre in campo due giocatori di passaporto russo. E subito allora il richiamo a quella regola per migliorare il nostro basket e il suo livello. Un po’ troppo facile, un po’ semplicistico. Molto demagogico. Perché dopo Belgrado 2005 e l’argento della Germania, nessuna ha detto di scopiazzare la regola per la composizione dei roster nel campionato tedesco. Regola che per la stagione precedente, quella 2005-06, diceva: 1 giocatore di passaporto tedesco e poi completa libertà.
C. Il roster russo è composto da: due giocatori Nba (Kirilenko e Khryapa), uno appena ritornato e non brillante (anche come minuti di gioco…) nella sua prima stagione russa; tre giocatori che hanno costruito la loro carriera attraverso esperienze all’estero (Morgunov, Pashutin e Padius); due giovani del vivaio CSKA e che non hanno finora avuto minutaggi importanti (Shabalkin e Ponkrashov); tre titolari da sempre della Nazionale con o snza nuova regola (Savrasenko, Bykov e Samoylenko). Siamo a undici; chi manca, ah il russo Holden. Può bastare.
D. Mettere una regola che obbliga ad avere un numero di giocatori sempre in campo è contro ogni logica sportiva, imprenditoriale e di contemporaneità. Oltre a impedire una proiezione tecnica di qualità, obbligando solo ad arrocchi e incastri.
E. Siamo in Italia. Giusto che anche i campionati professionistici abbiano un’identità italiana. Ma senza mettere dazi e gabelli.
Troppo moderna come idea? Chiacchieravo della regola russa con mio padre, appassionato 74enne della palla a spicchi; sarebbe l’antitesi dello sport, la sua affermazione.