Salto triplo
La differenza fra un passo avanti...e un passo indietro
Ancora con il fiatone per la folle giornata mi butto sul computer. Tra Raikkonnen che vince il mondiale e il Milan che perde 0-1 in casa contro l’Empoli mi è balenata in testa che le cose strane fossero finite qui. Bella battuta, mi dico, appena clicco sui siti della prima e della seconda lega italiana. Nella nostra categoria solo due squadre sono rimaste a pieni punti e la classifica si è accorciata di molto. Al piano di sopra, sempre lasciando perdere Siena, che tra qualche giorno inizierà il campionato Nba, è davvero interessante scoprire che delle quattro squadre qualificate lo scorso anno per l’Eurolega, tre occupino le ultime posizioni. Peterson sulla “Gazzetta dello Sport” di oggi prova a cercare la soluzione del problema nel cambio di allenatore e nei troppi giocatori nuovi. Difficile comunque concepire una simile dabacle.
Lunedì scorso un caro amico mi indica un articolo di Flavio Tranquillo uscito su “La Stampa” Titolo: “Quel virus delle triple che uccide lo spettacolo”. Troppo provocante per non essere letto. In cinquanta righe Tranquillo pone il problema dei troppi tiri da tre punti, sintomo di poca lucidità offensiva e spesso di scelta affrettata o pigra. La soluzione? Da cercare seduti ad un tavolo, con l?aiuto della fantasia di giocatori e allenatori sul campo, questa l’idea.
Certo è che se il primo anno dopo l’inserimento della contestata linea, si tirava 89% da 2 e 11% da 3 ora le percentuali parlano di 37% abbondante di tiri pesanti. Il “dramma” è che le percentuali totali sono in continua discesa. A fine anni ’80 si tirava con più del 40%, solo gli specialisti “osavano” il tiro da tre. Oggi, che da tre tirano tutti, le percentuali si assestano intorno al 36% con una forbice di 12 punti percentuali tra chi tira bene e chi tira male.
Allargare gli spazi, portare indietro di qualche piede la linea non sarebbe un’eresia. In America questo porta a meno tiri dalla lunga e più giochi “dentro”. Sicuramente quell’arco ingolosirebbe un po’ meno.
Michele