Nba Europe Live Tour

17.10.07 14:37

Il basket Nba in Europa: quale futuro?


Oggi per il Mercoledì Estero niente statistiche ma qualche considerazione sui rapporti tra basket Nba ed Europa.


Istanbul, Londra, Malaga, Madrid e Roma (unica riconfermata rispetto allo scorso anno), sono le città toccate quest’anno dall’Nba Europe Live Tour, conclusosi la scorsa settimana. Sono sbarcati sul vecchio continente Toronto Raptors, Boston Celtics, Minnesota Timberwolwes e Memphis Grizzilies. Il programma prevedeva due sfide tutte a stelle e striscie (a Roma e a Londra) e cinque incontri con squadre europee, Efes Pilsen, Lottomatica, Malaga, Estudiantes e Real Madrid. Due i colpacci: quello di Malaga, già citato da Michele la scorsa settimana, e quello in chiusura del Real Madrid, capace di sconfiggere in un’appassionante sfida i Toronto Raptors, nonostante i 23 punti di Andrea Bargnani.


Al di fuori del Nba Europe, ci sono stati altri incontri tra squadre del vecchio continente e i pro americani: il Maccabi è stato battuto dai Knicks, il Panathinaikos dagli Spurs, lo Zaligiris dai Warriors di un ottimo Belinelli (impiegato per tutti i 48 minuti).


Il commissioner David Stern (come si poteva leggere sui giornali nella scorsa settimana) ha paragonato la “sua” Nba a un gruppo musicale e lo sbarco in Europa a una tournee: “Non possiamo limitarci a vendere i dischi”, ha affermato ribadendo la necessità di stare a stretto contatto con il pubblico europeo.


Ma sono solo queste le prospettive del basket pro americano da questa parte dell’oceano? Per il momento sì. Il commissioner sembra avere le idee chiare: difficile pensare a una partita di regular season sul suolo europeo ancora per qualche anno, “Non ci sono impianti in grado di dare garanzie economiche sufficienti”; forse Londra, Berlino (peraltro città non ai vertici del basket europeo), Roma quando verrà costruito il nuovo Palazzo dello Sport. In Giappone negli anni ’90 sono stati giocati vari opening game: ma in palazzetti giganteschi, con incassi stratosferici.


Sono però dell’idea che il basket europeo, l’Eurolega in particolare, non possa accontentarsi di ammirare le star americane (ed europee…) sui parquet di casa. Il fatto che le distanze tra i due mondi siano diminuite non è necessariamente una cosa positiva: vista la sempre crescente passione degli statunitensi per i giocatori di casa nostra, l’Eurolega rischia di diventare qualcosa di simile a una lega di sviluppo per l’Nba. Certo, questo è stato l’anno dei ritorni di Jasikevicius, Spanoulis e Lynn Greer, sono arrivati in cerca di rilancio talenti come Derr Marr Johnson e Dee Brown, ma anche le partenze sono state pesantissime: Scola, Navarro, Belinelli. Il saldo è quantomeno in parità. Difficile convincere i nostri giovani a rimanere in Europa, anche ricorrendo a sontuosi contratti: il fascino dell’Nba non è stato certo scalfito da qualche brutta figura della nazionale statunitense.


Non sono certo io ad avere la ricette per salvare l’Eurolega, ammesso che si debba salvare qualcosa. Mi limito ad auspicare che nei prossimi anni i rapporti tra Nba ed Europa non si limitino a qualche partita di settembre, a qualche “tournee musicale”. È forse esagerato pensare a una division europea, ma è davvero impossibile trovare un posto nei play-off per la vincente dell’Eurolega? La distanza chilometrica è certo rilevante, ma non sarebbe così problematico organizzare qualche trasferta oltreoceano. Non ci divide l’Atlantico: per ora ci divide il modo di vedere e vivere il basket, come dimostrano anche le parole di Stern. Ma non sarà sempre così: la pallacanestro è cambiata tanto negli ultimi anni e continuerà a cambiare. E allora vedere una o più squadra europee confrontarsi in partite “vere” con i pro americani potrebbe non essese un sogno irrealizzabile.


Matteo